Ci sono illuminati vigneron che invece di espiantare le vigne vecchie le mantengono, le rivitalizzano con molta fatica e ci fanno grandi vini. Sono folli sognatori o nelle vecchie piante c’è qualcosa di speciale, che poi ritroviamo nel nostro bicchiere?
Vieilles vignes, alte Reben, viñas viejas o old vines... per capire cosa si intenda davvero per "vigne vecchie" ecco sei domande e altrettante semplici risposte.
1. Cosa si intende, esattamente, quando si parla di “vigne vecchie”?
Di solito sono chiamate vigne vecchie quelle che hanno dai 40/50 agli 80 anni di età, ma anche oltre, tanto che le vigne vecchie per eccellenza sono quelle centenarie. Va detto, però, che mantenere le vigne vecchie è una rarità e spesso in Italia si espiantano anche vigne che hanno appena 20 anni. Ed è un vero peccato.
2. Come si classifica il ciclo vitale di una vite?
Per un periodo da 1 a 3 anni la vite è improduttiva; fino al quinto/settimo anno la produttività cresce (le variabili sono determinate dalla tipologia di vitigno); fino al ventesimo/venticinquesimo la produttività è costante. Da quel momento in poi diminuisce, in reazione alla varietà, al sistema di allevamento e al modo in cui la vite è stata curata negli anni. A quel punto, il rischio è che non sia più economicamente conveniente tenerla, per motivi squisitamente quantitativi. Mentre sono opposte le ragioni della qualità, della conservazione del territorio e del patrimonio genetico.
Un tempo invece, quando la vite non era innestata su vite americana (prima dell’arrivo della fillossera) il ciclo vitale delle piante era molto più lungo, e poteva raggiungere, e superare, i 100 anni.
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3. Cos’hanno le vigne vecchie di diverso da quelle appena impiantate?
Le vigne vecchie possono innanzitutto conservare varietà di uva uniche. Inoltre, sanno produrre uve qualitativamente più significative perché dopo tanti anni le loro radici arrivano molto in profondità, dove trovano acqua e nutrienti costanti: anche per questo sanno resistere anche in condizioni molto avverse. Di fatto, poi, sono le testimoni dell’unicità del terroir di cui fanno parte da tanto e della storia produttiva dell’azienda.
L’età di una vigna, per Luigi Veronelli diventa “trascendentale” tra i venti e i quaranta anni di vita, imprimendo rinnovata qualità nell’uva che produce.
4. E dal punto di vista delle uve prodotte, cosa cambia?
Le vigne vecchie hanno le radici molto profonde, producono di meno e per questo producono uva dalla qualità superiore, ricche di acidità. Inoltre, per la bacca rossa si registra una maggiore concentrazione di pigmenti (antociani, flavoni e flavonoidi), mentre nelle uve a bacca bianca gli acini tendono a diventare più piccoli: quindi molti più zuccheri e aromi. I vini risultano profondi e strutturati, con grandi capacità di evolvere negli anni: si tratta di vini ancora più intimamente legati al territorio (non è un caso che i nostri cugini francesi indichino in etichetta questa prerogativa, come elemento di qualità).
5. Che conseguenze ci sono per chi coltiva le vigne vecchie?
Generalmente le vigne vecchie sono coltivate con forme di allevamento antiche, ancora oggi poco meccanizzabili, pertanto sono difficili da allevare.
6. Come salvaguardare la vite perché possa vivere a lungo?
Le vigne vecchie costituiscono un grandissimo patrimonio, da preservare. La condizione per cui le vigne vecchie producano, e producano le tanto attese uve di qualità, è la loro corretta gestione agronomica. Si salvaguardano soprattutto con potature ben fatte, che non feriscano la pianta e non ne interrompano i cicli linfatici.
Servono competenza e saggezza: qualità che ricerchiamo sempre nelle cantine che selezioniamo per le nostre selezioni.