Abbiamo avuto il piacere di intervistare Mattia Antonio Cianca, migliore sommelier d’Australia nel 2017 e d’Italia (ASPI) nel 2019: ci ha raccontato la sua carriera internazionale, la passione per i concorsi, le cantine che ha selezionato per Sommelier Wine Box.
È stata l'occasione per ragionare di carriere internazionali nel mondo del vino. Internazionali davvero.
1. Mattia, come nasce la tua passione per il vino?
Avevo 20 anni, ero a Perth con un permesso di working holiday e ho iniziato a lavorare in WesternAustralia. Prima di quel momento non ero interessato al vino – all’Alberghiero avevo studiato cucina – ma ho iniziato ad aiutare in sala con il vino. C’erano 500 referenze diverse (500 vini), di cui il 90% italiane, e dato che non conoscevo nulla ho iniziato a studiare.
2. E ti è piaciuto?
Tantissimo, pure troppo!
3. Come è andata avanti la tua storia? Perché la tua è una carriera tutta giocata all’estero: ce la racconti?
Sono stato 11 anni in Australia. Nel 2013 ho lasciato Perth per Melbourne, per lavorare in ristoranti più importanti. Ho iniziato a fare i corsi WSET: cose più prestigiose in un contesto più internazionale, potendo godere di tutta un’altra esposizione e lavorando con sommelier da tutto il mondo.
Dopo i diplomi WSET ho iniziato il percorso qualificazione per il Master Sommelier a Sydney, l’Advanced l’ho fatto a Hong Kong nel 2016 e nel 2017 iniziato il Master Sommelier di Londra: un esame pazzesco.
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4. Nel frattempo, nel 2017, sei diventato migliore sommelier d’Australia, due anni più tardi d’Italia (ASPI)… qual è il segreto per vincere i concorsi?
Ho fatto un po’ di concorsi da sommelier giovane, inizialmente con la Chaîne des Rôtisseurs. Nel 2014 arrivai ultimo: è stata una delusione enorme e mi sono promesso che l’anno dopo avrei vinto a tutti i costi.
Vinsi nel 2015 in Australia e sono arrivato terzo nel mondo come giovane. Al concorso australiano (quello vero) nel 2017 ho vinto contro il mio vecchio capo: una bella soddisfazione.
5. Ti piace ancora fare i concorsi?
Mi piaceva molto e onestamente non so se mi piace più, anche se vincere è bello, ovviamente...
Il mese scorso ho fatto i campionati mondiali: è stata durissima. Ha vinto un ragazzo molto bravo, che importa vini in Lettonia: con lui sto facendo un’etichetta di Champagne per Porsche.
6. Cosa comporta partecipare ai concorsi da sommelier?
Se devi fare gli esami da sommelier, studi tanto e passi, mentre nella competizione vince una persona sola, anche se di mezzo punto. Questo mi piace, è un modo per continuare a imparare e misurarti con te stesso soprattutto a livello psicologico.
Il concorso è un modo per vederti esattamente per quello che sei, e per quello che avresti potuto fare. Devi fare dei giochi di testa per tenere i nervi saldi ma è bellissimo. E poi trovi persone super interessanti da tutto il mondo.
7. Riprendendo la tua storia, poi sei andato in Francia…
Sì, subito dopo primo confinamento, nel giugno del 2020, mi sono traferito a Bordeaux.
8. Ora che fai?
Non faccio più servizio, ho aperto una mia società e faccio l’export manager: volevo concretizzare i rapporti con le tante persone che ho incontrato durante gli anni in Australia. Durante la pandemia tutti volevano cose nuove, vini particolari, e io ho potuto così soddisfare il mercato, che conosco bene.
9. La cosa più bella del tuo lavoro?
Fare ricerca è la cosa che mi piaceva di più quando lavoravo nei ristoranti, cioè fare cose diverse dagli altri, scovare vini particolari e portare ogni storia sulla tavola di tutti.
Adesso la cosa più bella è di cercare il produttore giusto per l’importatore giusto, al punto che a me non pare neanche di vendere. Quindi: un servizio personalizzato di profilazione degli importatori e di profilazione delle cantine. Il bello è offrire qualcosa alla quale non si può dire di no.
10. La cosa più complicata del tuo lavoro?
Lavorare in proprio è dura, tra business management, amministrazione, scadenze… lavorare 25 ore al giorno non è facile!
Nella concretezza di tutti i giorni, poi, è difficile lavorare con piccoli produttori che ti rispondono per metà di quello che gli chiedi, ma dà una soddisfazione enorme. Su questo aspetto sto costruendo un nuovo business con signora indiana che sta facendo il Master of Wine: stiamo unendo le nostre reciproche competenze.
11. Grazie alla tua selezione abbiamo arricchito le selezioni di Sommelier Wine Box di tre cantine francesi: Grivot-Goisot (Borgogna), Domaine de Brondeau Lalande (Bordeaux) e Domaine de Saliès (Languedoc). Ci racconti perché questi produttori sono speciali e perché li hai scelti?
Sono cantine che provengono rispettivamente dalla Borgogna nordica, Bordeaux e Languedoc.
Grivot-Goisot è molto interessante perché mostra una Borgogna diversa, fa Chablis ma sta a Saint Bris, unica appellazione in Borgogna dove si può fare Sauvignon, e il Sauvignon in Borgogna è molto particolare: ne producono sia Blanc sia Gris. E poi fanno Aligoté, Chardonnay borgognotto, Pinot noir senza legno. La loro è una bella famiglia giovane con tre bambini e una cantina piccola ma sono dinamici e stanno iniziando a crescere sull’export.
Il Domaine de Brondeau Lalande invece è fuori dalle grandi appellazioni e fa un vino solo, Bordeaux Supérieur. Non a caso è Domaine e non Chateaux, un casaletto piccolo, con quattro barrique e quattro vasche di cemento. Il posto è piccoletto e bellissimo, super semplice, anche qui l’approccio è familiare. Brondeau Lalande è perfetto per raccontare non l’immagine gigantesca che abbiamo di Bordeaux e di vini con tanto legno (che io non amo) ma che ci sono anche realtà altre, l’altro Bordeaux ma quello buono. Qui le persone hanno l’approccio tipico dei classici vigneron e producono vino onesto e buono. Sono proprio rappresentativi dei bordolesi senza aggiunte e si sente molto nel loro vino.
Il Domaine de Saliès si capisce guardando il papà di Benoit, un contadino casereccio e gentilissimo che ti porta dentro casa sua – una villa gallo romana che da fuori sembra decadente ma è piena di storia – e ti offre vino e due cipolle. Stanno a Quarante nel Languedoc.
Lavorano benissimo e la cosa super interessante è che hanno alcune varietà di uva che alcune cantine locali non valorizzano tipo il Malbec, e fanno un blend di rosso con Marselan, un vitigno poco conosciuto e di cui nessuno parla che ho inserito in selezione - si tratta di un'uva creata incrociando Cabernet Sauvignon e Grenache.
I loro sono vini super qualitativi e grazie al figlio stanno introducendo una visione leggermente diversa per il futuro, ma sempre genuini restano.
12. Hai un consiglio per chi si avvicina al mondo del vino?
A chi si avvicina al vino per passione dico: fai domande. Nessuno si dovrebbe mai vergognare di chiedere. Ho questo aneddoto di Gerard Basset che una volta ha scambiato un Borgogna per Bordeaux: se a lui accadeva di sbagliare noi possiamo fare davvero qualsiasi domanda.
A chi sta in questo mondo per lavoro invece consiglio di non farsi intimidire: c’è tanta arroganza nel vino, ed è un limite enorme. Ma davvero non si dice mai abbastanza che l'umiltà deve essere l’ingrediente principale di chi fa questo lavoro stupendo.