In questi ultimi anni è crescente l’attenzione per i concetti di sostenibilità, rispetto del territorio e dell’ambiente circostante sia da parte dei consumatori, sia da parte dei produttori vinicoli. Per questo si parla sempre di più di biologico. Ma cosa significa esattamente? Andiamo a scoprirlo insieme attraverso semplici domande e altrettante risposte.
Produrre in biologico significa molte cose: uno degli aspetti più significativi è la valorizzazione le caratteristiche del vitigno al massimo grado e quindi garantire un prodotto più sano e naturale possibile. Vediamo tutto quello che c’è da sapere sui vini biologici.
Cosa sono i vini biologici?
Un vino è biologico quando proviene da uve biologiche al 100%, cioè coltivate senza l’utilizzo di sostanze chimiche e diserbanti nei vigneti, mentre in cantina la produzione deve avvenire con un uso limitato di solfiti e con l’utilizzo di prodotti enologici certificati Bio.
Da quando si può scrivere in etichetta biologico?
La produzione biologica inizia a essere regolamentata a livello comunitario intorno agli anni Novanta (con il regolamento CE 2092/1991) ma solo da marzo 2012, con la legge CE 203/2012, il vino biologico ottiene riconoscimento e tutela legale. Da allora si può parlare e scrivere in etichetta “vino biologico”, mentre fino a quel momento un vino biologico doveva riportare la dicitura “vino proveniente da uve biologiche”.
Con questa normativa si certifica la parola biologico per indicare l’insieme dei criteri che riguardano l’intero processo di vinificazione e trasformazione delle uve. La vinificazione biologica definisce anche la quantità massima di solfiti che possono essere presenti nel vino, in misura leggermente inferiore rispetto ai vini tradizionali. La quantità massima di solfiti per i vini biologici è di 100 mg/l per i vini rossi e 150 mg/l per i bianchi e rosati, con la possibilità di aumentarli di 30 mg/l se il vino ha più di 2 grammi di residuo zuccherino.
Come si produce il vino biologico?
I prodotti biologici sono creati da processi produttivi agricoli che escludono l’uso di prodotti chimici di sintesi. Il vino biologico viene prodotto con uve coltivate senza l’aiuto di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi e pesticidi in genere) e senza l’uso di organismi geneticamente modificati. Sono consentiti solo trattamenti a base di rame e zolfo.
Quali sono gli obiettivi di chi produce vino biologico?
Gli obiettivi del metodo di produzione biologico sono: rispettare gli equilibri naturali, evitare l’inquinamento di aria, terreni e acque; salvaguardare la biodiversità e le risorse naturali.
Come si ottiene la certificazione biologica?
In Italia ottenere la certificazione biologica è un processo importante: le aziende sono sottoposte a rigidi controlli da parte degli organismi competenti, che attestano l’ottemperanza delle aziende agli obblighi di legge. Dalla cura della vigna fino all’imbottigliamento, un vino biologico viene controllato da apposite autorità che ne attestano requisiti e caratteristiche, e che alla fine assegnano alla cantina produttrice il relativo certificato. Un vino che venga presentato al consumatore come biologico non contiene quindi additivi pericolosi per la salute ed è stato inoltre lavorato attraverso tecniche che salvaguardano la biodiversità e il naturale equilibrio dei terreni.
Come si riconoscono i vini biologici?
I consumatori possono riconoscere i prodotti biologici perché ne riportano in etichetta la dicitura.
Che caratteristiche organolettiche hanno i vini biologici?
La caratteristica principale di un vino biologico è quella di esaltare al massimo grado le caratteristiche dell’uva. L’assenza di sostanze chimiche di sintesi consente di valorizzare il vitigno. In linea generale, freschezza, leggerezza e bevibilità sono elementi preponderanti in un vino biologico.
Il biologico in Italia
Il mercato dei vini biologici in Italia è in continua espansione: non solo per la quantità di cantine interessate e grazie a un profilo di consumatore sempre più attento a ciò che consuma e all’impatto che questo ha sull’ambiente e sull’ecosistema. Si prevede una crescita sul medio-lungo periodo: l’Italia è uno dei Paesi più sensibili al tema.
La superficie vitata bio in produzione è attualmente (inizio del 2022) di 84mila ettari, in crescita del 13%. Insieme ai 25mila ettari in conversione (invece in calo del 20%) si arriva ai 109mila ettari totali, il 17% della superficie vitata.
I concetti del biologico da conoscere
Compost
Si tratta di una sostanza creata dalla decomposizione aerobica di materiali solitamente considerati rifiuti. Tra questi: avanzi di cibo, letame, foglie, paglia, vinacce esauste, raspi ecc.
Il compostaggio si verifica quando materiali ricchi di carbonio come paglia e foglie sono mescolati con materiali ricchi di azoto, come avanzi di cibo e letame. A questo si aggiunge ossigeno, tempo, l'aiuto di miliardi di microrganismi, e il risultato è un composto friabile, profumato e ricco di sostanze nutritive.
Gli agricoltori convenzionali tendono a usare fertilizzanti sintetici a base di petrolio ad alta intensità di combustibili fossili che possono inquinare le falde acquifere e danneggiare la fauna. Gli agricoltori biologici si affidano invece a input come il compost, che riduce drasticamente il bisogno di input chimici, favorendo anche il riciclo di materiali di scarto.
Il compost viene incorporato nel terreno, cui fornisce una varietà di microrganismi e sostanze nutritive che favoriscono la crescita sana delle piante.
Sovescio
Pratica agricola di alto valore ecologico che consiste nel coltivare essenze destinate a essere interrate nel terreno quando si trovano al loro massimo rigoglio. L’obiettivo è restituire nutrimento alla terra e migliorarne la struttura senza l’uso di sostanze chimiche o lavorazioni invasive.
La biomassa interrata incide positivamente sul suolo: le piante, decomponendosi lentamente, apportano sostanza organica che si trasforma in humus migliorando la fertilità e la struttura del terreno, mineralizzata dai microrganismi terricoli.
Le piante più indicate per il sovescio sono le leguminose, perché producono spontaneamente azoto che liberano nel terreno attraverso le radici. Quindi: trifogli, sulla, ginestrino, erba medica e mediche, veccia, lupinella, pisello da foraggio, lupino, favetta, veccia nelle due varietà sativa e villosa... che è sempre indicato mescolare con altre specie per favorire la biodiversità.
Inerbimento del vigneto
Tecnica agronomica molto diffusa in agricoltura biologica. Consiste nel rivestire il terreno occupato dalla coltura principale con una copertura erbacea, controllata tramite periodici sfalci.
Serve a preservare i terreni dall’erosione degli agenti atmosferici (acqua e vento causano perdite di suolo nei terreni lavorati). L’inerbimento protegge dall’erosione grazie all’apparato radicale dell’essenza erbacea. Inoltre, l’inerbimento presenta altri vantaggi: aumento della fertilità del suolo, miglioramento della struttura del terreno, diminuzione dei trattamenti del suolo necessari, aumento del ristagno idrico, controllo della vigoria delle piante, aumento della biodiversità. Esistono degli svantaggi? Sì, soprattutto nel caso di terreni siccitosi non irrigati il rischio è che si crei competizione fra erba e piante. In questo caso è meglio optare per il sovescio, che viene periodicamente interrato.