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Qual è il futuro delle donne del vino? Ne parliamo con Donatella Cinelli Colombini

Donatella Cinelli Colombini

Dal tempo della nostra ultima intervista, del gennaio 2020, c’è stato un rivolgimento che nessuno avrebbe mai immaginato. Rivolgimento che colpisce tanto le vite dei singoli quanto le attività produttive. E il mondo del vino ne è investito in pieno. Da parte loro, i consumatori hanno familiarizzato con video degustazioni, aumentando le occasioni di consumo di vino in casa e di conseguenza potenziando i canali di acquisto online. Dal lato della produzione, invece, quali sono gli ambiti più colpiti e quale la posizione delle donne? Lo chiediamo a Donatella Cinelli Colombini.

Saper leggere il presente, infatti, è l'unica chiave che abbiamo per direzionare il futuro.

Si parla molto di resilienza. I produttori di vino italiani come hanno reagito al colpo della pandemia?

Le grandi cantine, con una rete commerciale strutturata su diversi canali e anche all’estero, bene. Hanno perso poco oppure addirittura hanno aumentato i fatturati. Le piccole cantine, invece, che vendevano soprattutto in Italia e nel canale HORECA, sono in grande difficoltà. Il lockdown e la crisi del turismo hanno avuto contraccolpi devastanti nella ristorazione e in chi riforniva i pubblici esercizi. A questo si aggiunge il ritardo delle cantine italiane nella digitalizzazione: pochi followers nei canali social, poca raccolta e profilazione dei contatti, poca interazione online con i consumatori... E, con l’arrivo del Covid, quando c’è stato bisogno spingere sull’e-commerce come canale alternativo, le nostre cantine non avevano un portafoglio clienti a cui rivolgersi.

Se mettiamo ancora più a fuoco l’obiettivo e guardiamo gli esiti della pandemia rispetto all’occupazione femminile, sappiamo che questi sono stati devastanti. Qual è la situazione nel mondo del vino? Quel trend di progressiva acquisizione di forza del ruolo femminile nel mondo enologico, di cui ci ha raccontato nel 2020, è stato rallentato dagli effetti della crisi sanitaria ed economica?

Nelle cantine, le donne sono molto presenti nelle attività commerciali, di comunicazione e di turismo. Non sappiamo ancora esattamente quanto sia stato il contraccolpo dell’epidemia sull’occupazione femminile, temo tuttavia che sia alto: molti degli addetti alla wine hospitality erano donne e questo comparto ha perso il 18% degli addetti. Anche chi lavorava nella ricettività e nella ristorazione collegata alle cantine erano soprattutto donne. Questo settore si è trovato di fronte a un drastico accorciamento della stagione turistica che da 9 mesi si è ora ridotta a tre.

Nessuno di noi ha la palla di vetro, ma si sente di fare una previsione circa il ruolo nelle donne nel futuro del vino italiano, anche in relazione alla crisi pandemica che stiamo ancora attraversando?

Secondo me il ruolo delle donne sarà sempre maggiore. Le Donne del Vino, insieme all’Università di Siena, stanno facendo un rilevamento della situazione attuale in termini di parità salariale e differenze di genere nella progressione di carriera. Guardando al futuro stiamo collaborando con Unione Italiana Vini per definire il “decalogo” delle imprese del vino virtuose e forse nascerà anche un premio a Wine2Wine 2021. Sono piccoli passi che vanno verso una vera parità di opportunità professionali. Dar modo alle donne di esprimere a pieno il proprio talento serve a tutti anche agli uomini, non ce lo dimentichiamo.

Non potremmo essere più d’accordo. E infine, per chiudere con un dato di speranza. Dall’osservatorio speciale costituito dall’Associazione Le Donne del Vino, c’è un caso di successo, tutto al femminile, di cui ci vuole raccontare?

Si tratta della Delegata delle Donne del Vino della Sardegna Elisabetta Pala che all’età di 24 anni ha lasciato la cantina di famiglia per creare un progetto tutto suo nell’angolo sud-orientale della Sardegna Mora&Meno. 40 ettari con vigneti di 30 anni d’età sulle colline che si affacciano sul Golfo di Cagliari, circondata dalla macchia mediterranea e dai sette Fratelli, le montagne più alte della Sardegna. La giovane Elisabetta ha rivoluzionato il profilo del Cannonau rendendolo un vino del nuovo millennio. L’ho assaggiato due volte, a Malta durante una missione commerciale e a Vinitaly in occasione di un winetasting guidato da Ian D’Agata, entrambi organizzati dalle Donne del Vino. Vi assicuro che lascia a bocca aperta, non solo per la qualità ma soprattutto per lo stile fresco, armonioso e non più opulento e quasi sovrabbondante come eravamo abituati. Insomma Mora&Memo ha fatto il restyling del Cannonau – più vigna e meno cantina – al pari di come è avvenuto nel Brunello e nel Barolo.

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