Un'uva austera, difficile, che vinificata in purezza regala alcuni dei vini più stimati al mondo. Simbolo del Piemonte, uva identitaria, terreno di scontro fra tradizione e innovazione. Al Nebbiolo non interessa essere facile. Forse anche per questo è un vitigno così speciale.
25 curiosità sul Nebbiolo.
1. È il vitigno autoctono del Piemonte per eccellenza.
2. Si scrive Nebbiolo e si legge Langhe. In queste meravigliose colline, con i versanti principalmente rivolti a sud, sud-est, sud-ovest, i migliori sono riservati al Nebbiolo.
3. È citato per la prima volta nel 1295 (come vino “de nebiolo” lasciato in eredità alla moglie da un certo Tomaso Asinai).
4. Deve il nome alla nebbia, non si sa se sia per via la pruina – il sottile strato di sostanza cerosa che ne ricopre gli acini – oppure in senso più letterale perché è vendemmiato tardi, in ottobre inoltrato, quando compaiono già le prime nebbie
5. Ne esistono tre sotto varietà: Lampia, Michet e Rosé.
6. Nel novarese è chiamato Spanna.
7. È uno dei vitigni più difficili in assoluto: acini fitti, ciclo vitale molto lungo - precoce nel germogliamento, tardivo nella maturazione, è esposto a tutti i rischi climatici possibili.
8. È un’uva esigente, difficile da coltivare, che per maturare ha bisogno di esposizioni perfettamente favorevoli.
9. Necessita di lunghi affinamenti.
10. Con il Nebbiolo in purezza si producono due dei più noti vini italiani: Barolo e Barbaresco.
BAROLO
11. Per come lo conosciamo oggi, il Barolo nasce nella prima metà dell’Ottocento per volere dei marchesi Falletti che assumono l’enologo francese Louis Oudart, poi al servizio anche di Camillo Benso. Prima era un vino dolce.
12. Figura chiave della storia del Barolo è Giulia Colbert Falletti, grande donna del vino: la “Marchesa di Barolo”. È lei a diffonderlo presso la corte Savoia.
13. Arriviamo quindi al perché il Barolo è considerato il vino dei re: Vittorio Emanuele II acquista i tenimenti di Fontanafredda a Serralunga d’Alba. È infatti dalle vicende nate in seno alla corte sabauda che deriva il motto che vede il Barolo essere un “vino da re” nonché “il re dei vini”.
14. Possono essere chiamati Barolo i vini prodotti in 11 comuni dei quali solo tre integralmente (Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba).
15. Non c’è denominazione, in Italia, che preveda dentro la sua area una varietà pari a quella del Barolo, anche per microclima e suolo. Questo si riflette nella varietà dei Barolo prodotti, un universo ricchissimo, che va approcciato con tanti assaggi e altrettanta umiltà.
16. Il Barolo necessita di lunghi affinamenti: evolve lentamente e continuamente. Si tratta di un vino unico che diventa eccezionale con il tempo, ma è anche di difficile lettura:mette alla prova i neofiti e richiede un palato allenato.
17. Di colore scarico, ha un bouquet complesso e unico, in continua evoluzione; è maestoso per la trama tannica - agguerrita da giovane - che si fa elegante e setosa con il passare del tempo, per raggiungere vette di eleganza estrema.
18. Negli abbinamenti bisogna osare: il Barolo non tollera incontri timidi. Quindi via libera a piatti di carne importanti come stufati, brasati, o a formaggi di stagionatura molto lunga. Va servito a 18-20° C, in ampio calice, da vino rosso strutturato.
BARBARESCO
19. Il nome deriva da un borgo delle Langhe, Castrum Barbarisci, anticamente ricoperto da “barbarica silva”.
20. Come per il Barolo, è ottocentesca la prima vinificazione di Barbaresco in versione secca, che all’inizio è comunque chiamato Barolo o Nebbiolo.
21. La differenziazione risale al 1894, quando è fondata la Cantina Sociale di Barbaresco: inizia così l’indipendenza del Barbaresco dal Barolo.
22. E la scalata della qualità con le note vette di squisita eleganza, che si devono soprattutto a Giovanni Gaja e a suo figlio Angelo.
23. Possono essere chiamati Barbaresco i vini prodotti in un piccolissimo territorio: in tre paesi (Barbaresco, Neive e Treiso) e in parte della frazione di San Rocco Seno d’Elvio.
24. Differisce dal Barolo per i profumi, soprattutto di violetta, e perché matura prima, raggiungendo la perfezione dal terzo anno di affinamento in poi; inoltre, ha una trama tannica più sottile e si caratterizza ancora di più per la freschezza.
25. Ideale in abbinamento a selvaggina, pappardelle al cinghiale, formaggi molto stagionati e saporiti. Va servito a 18-20° C, in ampio calice, da vino rosso strutturato.
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