Degustare un vino è un rito: un insieme di azioni e di gesti ben definiti ma non per questo poco emozionanti. La degustazione parte con la vista – “come in amore” secondo Veronelli – poi richiede di attivare olfatto, tatto e gusto. L’ultimo capitolo inizia dopo avere deglutito e riguarda il ricordo immediato che il vino ci lascia: la persistenza del vino.
Ecco cosa c'è da sapere sulla persistenza del vino, schematizzato in 4 domande e altrettante risposte.
1. Cosa si intende per persistenza di un vino?
Si tratta di tutte le sensazioni che si percepiscono dopo averlo deglutito, percepite a livello gustativo e olfattivo, espirando. Nella pratica, è l’esito dell’interazione della saliva con le componenti aromatiche del vino, che si liberano perché la nostra temperatura corporea è superiore a quella del vino.
2. Come si valuta la persistenza di un vino, praticamente?
Si contano i secondi in cui tali sensazioni perdurano, masticando a vuoto l’aria al ritmo di una masticazione al secondo. La valutazione della persistenza riguarda tutto lo spettro aromatico e gustativo.
Ma attenzione: eventuali note acidule o amare che dovessero perdurare a lungo non contribuiscono a definire la persistenza del vino.
3. Altri aspetti importanti per capire la persistenza di un vino?
Oltre alla durata, si valuta anche la qualità e ci si aspetta una corrispondenza di sentori e sapori tra quanto percepito prima, al gusto, e le sensazioni retrogustative.
4. Come si classificano i vini in base alla persistenza?
Ci sono varie nomenclature, tuttavia tutti convergono nel non considerare accettabile un vino troppo corto, la cui persistenza cioè sia inferiore ai 3 secondi. Dopo di che le sfumature variano da poco fino a molto persistente. Inutile dire che da un grande vino ci si aspetta una lunga persistenza: più un vino è persistente, maggiore è la sua qualità.
Detto questo, è evidente che la valutazione della persistenza va fatta tenendo bene a mente che tipologia di vino si sta degustando.