Che il mondo del vino risenta già oggi e risentirà sempre più dei cambiamenti climatici è cosa nota, al di là di qualunque negazionismo. Questo cambierà gli assetti enologici a cui siamo abituati. Ma cosa si fa, negli ambienti enologici, per contrastare il cambiamento climatico?
Il cambiamento climatico è il tema della contemporaneità: se le guerre sono provocate sempre più dai mutamenti del clima, i dissesti idrogeologici sono sotto gli occhi di chiunque voglia vedere ma serve una ragazzina di 16 anni per scuotere le coscienze dei potenti, se l’abuso della plastica impressiona l’opinione pubblica - e raccoglie anche le prime nette azioni di contrasto - ci siamo chiesti quale sia il ruolo del mondo del vino.
L’agricoltura sostenibile
Per Salvatore Agusta:
l’obiettivo dell’agricoltura sostenibile è soddisfare le esigenze alimentari e tessili della società nel presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. I professionisti dell’agricoltura sostenibile cercano di integrare tre obiettivi principali nel loro lavoro: un ambiente sano, redditività economica ed equità sociale ed economica.
La sostenibilità non implica solo aspetti ecologici ma comporta anche un’analisi di natura economica, strumentale ed etica.
Il concetto del tempo è quanto mai centrale e tramandare la viticoltura di generazione in generazione è da considerare una prima forma di sostenibilità, perché significa preoccuparsi di chi coltiverà i vigneti di domani, e di chi saprà farlo in armonia con le logiche di ieri.
Cosa possono fare le cantine per contrastare i cambiamenti climatici?
La viticoltura sostenibile è una dichiarazione d’amore all’ambiente e a chi ci vive e sono molteplici le soluzioni che le cantine sostenibili adottano: dall’uso di vetro riciclato e meno spesso per le bottiglie all’utilizzo di energie rinnovabili e materiali ecosostenibili, a pratiche ambientali non aggressive e poco dispendiose (autoregolazione colturale, concimi organici, sovescio, viticoltura di precisione, il controllo dei parassiti, la rotazione delle colture, riduzione drastica di diserbanti, pesticidi e fitofarmaci ma anche riuso degli scarti di potatura...), dall’uso di energia rinnovabile all’efficientemento energetico, che si può concretizzare in pratiche architettoniche che non fanno sprecare energie e sono al tempo stesso di grande fascino estetico e tecnologico.
Contrastare gli sprechi di risorse, idriche ma non solo, è oggi un obbligo morale. Pur importante, il consumo di acqua connesso all’irrigazione non è il dato davvero prevalente - considerato il limitato fabbisogno idrico della vite - più rilevante è la qualità delle acque reimmesse in circolo dopo le pratiche di cantina.
Indicatori di sostenibilità ambientale, in vigna
Sono tante le associazioni che si occupano di certificazioni di sostenibilità ambientale.
In Italia nel 2011 è stato avviato il progetto Viva Sustainable Wine e molte cantine hanno conquistato l’etichetta Viva. Si tratta di uno strumento di trasparenza che informa il consumatore che quel vino è stato prodotto nel rispetto delle logiche della sostenibilità.
Quattro sono gli indicatori analizzati per valutare le performance di sostenibilità e per comunicarla:
- Aria - ossia quanta CO2 il vino ha prodotto.
- Acqua - cioè quanta acqua è servita per produrre un vino.
- Vigneto - indicatore che misura la qualità delle pratiche agronomiche nella gestione delle viti.
- Territorio - indicatore che misura l’impegno dell’azienda per la tutela della biodiversità e del paesaggio, ma anche della società tutta.
Come si usano gli scarti di produzione del vino?
L’economia circolare, la riduzione e la gestione dei rifiuti e degli scarti sono tra le sfide più grandi che la nostra generazione deve affrontare (soltanto il 9% dei 92 miliardi di tonnellate di materie prime consumate viene oggi recuperato e rimesso nel sistema). Se in questo ambito c’è ancora tanto lavoro da fare è proprio qui che va scatenata la creatività. Del resto, per un imprenditore il presente vale in funzione della sua proiezione nel futuro, perché i benefici e il benessere derivati dal proprio lavoro siano di lunga durata e non a scapito delle generazioni future.
Nel mondo, ogni anno sono prodotti circa 26 miliardi di litri di vino. Da questo processo si ricavano quasi 7 milioni di tonnellate di vinaccia da trasformare e nelle bucce di scarto dell’uva sono ancora presenti tanti polifenoli, che hanno proprietà antiossidanti, da cui aziende specializzate traggono creme e prodotti di bellezza, ma anche scatole ecologiche ed etichette per i vini, tessuti, biocarburante, integratori, coloranti, olio e materiali da utilizzare nella bioedilizia.
E poi esistono anche altre tipologie di aziende che fanno ricerca e danno nuova vita ai materiali di scarto della produzione: dagli imballaggi alle bottiglie in vetro (materiale riciclabile al 100%), dalle cassette in legno al sughero…
Qualche dato sulla viticoltura in italia
La viticoltura bio tra 2004 e 2015 ha registrato una crescita positiva del 295% in Europa e del 280% nel mondo.
l’Italia è il Paese europeo con la maggiore estensione di terreni coltivati con metodi biologici, sebbene produrre bio sia più costoso rispetto ai metodi tradizionali. 105mila ettari sono i terreni vitati a conduzione biologica in Italia (inclusiva dei vigneti in conversione) e la Sicilia è la regione con il maggior vigneto bio.
Il 38% delle aziende italiane adotta tecniche di lotta integrata mentre il 32% produce vini biologici. In termini economici, è positivo lo sviluppo delle aziende più sostenibili, che crescono a una velocità quasi doppia rispetto a quelle non sostenibili.
Il consumatore di vino cosa può fare?
In Italia i consumatori sono sempre più “eco-responsabili” e disposti pagare per brand sostenibili (il 52% è disposto a spendere di più per i prodotti green, dato superiore alla media europea).
Il winelover, in particolare, ha il potere di scegliere vini che abbiano in etichetta claim di sostenibilità, purché questi siano credibili.