Affinamento lungo o corto, in legno, acciaio, anfora, cemento… Cosa dicono queste nozioni a un appassionato di vino? Come orientarsi fra tendenze e pratiche di cantina? Una piccola guida in tre domande, e un riassunto finale.
Agli appassionati la nomenclatura del vino può sembrare inutilmente complessa, e tra tutti i tipi di affinamenti ci si può sentire spaesati. Ma come viene creato il vino e dove si trova mentre matura quelle note che ce lo faranno amare tanto non solo è interessante da sapere, ma anche divertente.
TRE DOMANDE E UN RIASSUNTINO
1. Maturazione, invecchiamento e affinamento del vino sono sinonimi?
Sì, e si fa riferimento al tempo in cui il vino è contenuto in vari recipienti prima dell’imbottigliamento.
2. A cosa serve l’affinamento?
Il mosto a quel punto è già diventato vino: l’affinamento consente di armonizzare fra loro tutte le componenti e quindi di migliorare in termini di colore, profumi e sapore.
3. Una volta imbottigliato, finisce tutto?
No. Il ciclo biologico continua in bottiglia, dove il vino continua a evolvere fino al momento in cui sarà stappato. Finalmente.
AFFINAMENTI DEL VINO: UN RIASSUNTO PER ORIENTARSI
Affinamento in legno
Come funziona l’affinamento in legno
Il legno interagisce con il vino: consente il passaggio dell’ossigeno, determina l’evaporazione (quindi, perdita di alcol) e cede tannini.
Tendenze sull’affinamento in legno
Fino a un decennio fa la barrique francese (la botte piccola, quella che Veronelli chiamava “carato”), era di per sé il massimo. La sua prima introduzione in Italia, negli anni sessanta per il Sassicaia della Tenuta San Guido di Bolgheri, porta con sé una rivoluzione qualitativa, in cantina ma soprattutto in vigna, con l’asticella della qualità che si innalzava per sempre e faceva bene a tutto il vino italiano.
Oggi, l’affinamento in legno (in botte grande, piccola, con varie tostature e di diversi passaggi) non è più usato massivamente. Ovvio, si continuano a fare affinamenti in legno, anche lunghi, e restano un segno di qualità, ma si privilegiano per quei vini che ne sono naturalmente inclini, quelli che per le loro caratteristiche hanno grande struttura di partenza. Il bello del legno è quando esalta le proprietà del vino, non quando ne copre le caratteristiche o, peggio, gliele cede altre.
Affinamento in acciaio
Come funziona l’affinamento in acciaio
L’acciaio è un materiale neutro: non cede nulla al vino e non fa passare l’ossigeno. È sensibile agli sbalzi di temperatura e per questo i contenitori in acciaio hanno un’intercapedine dove circola un fluido (di raffreddamento o di riscaldamento), per tenere controllata la temperatura del vino. Permette una costante maturazione, senza cedere sapori o aromi.
Tendenze sull’affinamento in acciaio
È il contenitore più usato per i vini d’annata, destinati quindi a essere consumati giovani, e per quelli in cui si vogliono esaltare i profumi primari (fiori e frutta).
Affinamento in cemento
Tendenze sull’affinamento in cemento
Molto utilizzato in precedenza, negli anni sessanta questo tipo di affinamento è entrato in disuso e tante cantine hanno smantellato le vasche di cemento. Oggi qualcuno le riacquista. È una conseguenza al minore utilizzo del legno e della volontà di mettere più in risalto le caratteristiche varietali intrinseche.
Come funziona l’affinamento in cemento
È una via di mezzo tra il legno e l’acciaio. I vasi in cemento – vetrificato per ragioni igieniche – non interagiscono con il vino, hanno proprietà isolanti e non fanno passare l’ossigeno. L’affinamento in cemento permette una maturazione costante, senza cedere alcun sapore o aroma aggiuntivo.
Affinamento in anfora
Come funziona l’affinamento in anfora
La chiave è questa: la terracotta è un materiale poroso che consente il passaggio dell’ossigeno, per cui nell’affinamento del vino in anfora si attiva la micro-ossigenazione, i cui effetti non sono sempre semplici da prevedere.
Tendenze sull’affinamento in anfora
Oggi si torna a guardare con interesse a materiali antichi, fino a ieri considerati un retaggio dell’antichità: l’anfora è tra questi. Il padre della riscoperta dell’anfora è il mitico Josko Gravner che, nauseato dalla produzione industriale si appassiona di viticoltura georgiana ed è folgorato dall’antica forma di vinificazione qui ancora praticata. Decide quindi di percorrere questa strada fino in fondo. Per qualche decennio è stato considerato un eccentrico, o si è comunque creduto che quei risultati eccellenti fossero possibili solo a lui. Oggi non si può ancora dire che lo seguano in tanti, ma una squadra di vignaioli che affina in anfora c’è. Alcuni li abbiamo proposti nelle nostre selezioni.