Tappa #4
Guidata da Laura Bertozzi, giugno 2018
La storia di Benanti inizia, per pura passione, alla fine dell’Ottocento: il capostipite Giuseppe fu tra i primi a capire la vocazione alla vite dei terreni intorno all’Etna. Il testimone è stato recuperato dal nipote, che porta il suo nome, e oggi Benanti è guidata dai figli di questi, Antonio e Salvino.
Nonostante questa non sia affatto una viticoltura facile (bisogna inerpicarsi su scoscesi pendii!), nel 1988 una rinnovata passione per i vitigni autoctoni e per il suolo vulcanico si tradusse nella nascita della cantina che conosciamo oggi, fra le più abili a interpretare quel terroir.
Oltre alle altre varietà, sui 24 ettari di vigneto la fanno da padrone Nerello Mascalese e Carricante.
Antonio e Salvino sono stati contagiati dalla passione del bisnonno ma sono andati oltre e oggi producono vini davvero eccellenti. Vini che non si scordano facilmente.
Ho conosciuto Rocco, che con la sorella Erminia conduce l’azienda, lo scorso anno a Terre d’Italia. Dopo aver passato la giornata a chiacchierare e degustare i frutti del Re Nebbiolo, ho voluto assaggiare quello che viene chiamato il Barolo del Sud, l’Aglianico del Vulture.
Rocco è un ragazzo appassionato della sua terra, un’alta montagna vulcanica, che sembra scagliata a caso nel bel mezzo della Basilicata, che pare non si rendersi conto dell’ottimo vino che produce. Ma è proprio questo il segreto: aver mantenuto la genuinità e l’umiltà delle quattro generazioni passate, quando, fino a una quarantina di anni fa, l’aglianico non era altro che uva da taglio per “irrobustire” i vitigni del nord di poca struttura. Questo vitigno, in realtà, oggi regala vini eleganti, strutturati e atti alla longevità.
I D’Angelo sono stati fra i primi a vinificare in proprio dopo 50 anni di attività, quando nel 1971 è stata riconosciuta la DOC Aglianico del Vulture.
Produrre questo vino non è come tirar fuori un coniglio dal cilindro: solo una passione incrollabile consente di lavorare i 35 ettari di vigne, tutte sopra i 650 metri di altitudine.
Può sembrare sorprendente che un paesino di poco più di un migliaio di anime, che svetta sul lago di Bolsena, sia un centro così importante per la viticoltura nazionale. E questo sembrano pensarlo anche alla Cantina Sociale (attiva dal 1929), che con schiva schiettezza si interfaccia con chi invece è ben conscia del pregio dell’Aleatico ed ha scoperto da poco un altro vino locale, il San Magno, un IGT del Lazio.
Come succede in molte realtà trentine e sarde, anche in questo caso cooperativa è sinonimo di qualità e, nonostante la denominazione, non riunisce solo viticoltori, ma anche produttori dell’Alta Tuscia di olio e legumi, che beneficiano del territorio vulcanico tufaceo della zona (il vulcano Bolsena).
Il sodalizio fra agricoltori ha sede non a caso a Gradoli, che è la patria di questo Aleatico: un vino liquoroso che non ha nulla da invidiare ad altre espressioni di vino dolce dello stesso vitigno, tanto che dal 1932 continua a ricevere benemerenze!
I vini selezionati
BOX ESPERTO
Noblesse, Benanti
Si tratta di un Metodo Classico in cui l'uva carricante, dopo essere stata vinificata, fa una seconda fermentazione in bottiglia per 18 mesi.
La sensazione nel bicchiere è quella di imbattersi, camminando, di fronte ad un panificio che ha appena sfornato il pane fragrante in una giornata di pioggia che bagna la roccia.
Ecco quindi i profumi che salgono al naso prima di imbattersi in un bel bouquet di sambuco e ancora tanta mineralità, l’incenso, con delicate comparse di frutta a pasta bianca...
In bocca la bolla è fine, lo spumante è cremoso e sul finale esce la verticalità di una bella acidità, che fa salivare, e della sapidità minerale, che si sente sulle labbra e richiama un nuovo sorso.
Canneto, D'Angelo
È il fratello maggiore del Sacravite: il vitigno è sempre l’aglianico, ma eleva per 18 mesi in barriques e poi riposa 8 mesi in bottiglia, prima di essere messo in commercio.
Fa gli onori di casa la frutta rossa (prugna in particolare) con i frutti di bosco che ci introducono a una nota balsamica, che fa leggermente pizzicare il naso.
Facciamolo ossigenare bene, in fondo sono già 3 anni che è chiuso in legno e poi in vetro, diamogli tempo di acclimatarsi. Ecco quindi anche la liquirizia intensa, il cioccolato ed un pizzico di vaniglia e di tostatura.
Il sorso è pieno, caldo, il tannino diventerà sicuramente setoso col passare degli anni, intanto è a trama larga, per nulla sgradevole ma ci conferma che avrà lunga vita.
Un consiglio? Acquistate due box esperto: bevete una bottiglia di Canneto quando ne avete voglia e l’altra dimenticatela in cantina, al buio, coricata e lontana da escursioni termiche…fra 10 anni vi sorprenderà!
Aleatico di Gradoli, Cantina di Gradoli
Se questo Aleatico di Gradoli fosse un dolce sarebbe una crostata alle amarene: profuma di biscotto appena tolto dal forno e di marmellata di amarene.
Non vi fate ingannare dal naso: è un vino liquoroso che anestetizza un po’ i ricettori.
In bocca è morbido, pur non essendo grasso, ha una freschezza viva e anche un tannino percettibile, che contrastano con la rotondità e il calore in maniera egregia, tanto da non farcelo assolutamente sentire stucchevole ed anzi invogliando, fra un biscotto e l’altro, un altro sorso!
BOX ENTUSIASTA
Etna Bianco, Benanti
Annusate il tappo e sentirete netta la mineralità e una nota balsamica di macchia mediterranea, fra cui si distingue soprattutto la salvia.
Nel bicchiere un tripudio di sentori sferzanti di polvere da sparo, alloro, affumicatura, bergamotto e frutta esotica. Ma che divertente complessità al naso, specialmente per essere un vino bianco!
In bocca non ha eccessivo corpo, ma è caldo, non troppo avvolgente perché la sapidità e la freschezza non gli consentono di indulgere, ma mantiene una piacevole austerità. La persistenza non è affatto corta.
Questo Etna bianco è un vino interessante per la complessità al naso, la snellezza in bocca e il finale che conferma finezza ed eleganza.
Sacravite, D'Angelo
Mentre guardiamo l’intensità del colore rosso rubino, che veste il bicchiere, sale subito alle narici il profumo della liquirizia, intenso e fine, anche prima di fare ossigenare il bicchiere.
Se fatto roteare si sprigionano anche i profumi di eucalipto, di violetta, di ciliegia e di cassis.
In bocca è bello beverino, proprio come i vini che piacciono a me: di carattere, ma al contempo eleganti e snelli!
Ha una bella freschezza, è sapido e l’aroma in fin di bocca è altrettanto fine quanto l’olfatto ha dichiarato. Il tannino è pimpante, ma non scomposto. Un bicchiere tira l’altro!
San Magno Lazio IGT, Cantina di Gradoli
Il sole colora il bicchiere di questo San Magno, da cui salgono profumi minerali pungenti e dolci, di frutta esotica. In bocca è rotondo, la morbidezza è la prima sensazione che si avverte e poi, mentre il vino scorre nel palato esce la verticalità della mineralità e della freschezza viva. Il finale ripropone in aroma i profumi del naso: mineralità e frutta vanno a braccetto e non ci abbandonano in fretta. Un vino decisamente vulcanico!